Nella giornata di ieri Popolo e Giustizia (Narod i Pravda, [NiP]) ha invitato il comitato organizzatore della povorka ponosa (marcia dell’orgoglio) di Sarajevo, in programma l’8 settembre, a rinunciare per motivi di sicurezza.
Il raggruppamento di nazionalisti musulmani moderati, che, nato nel 2018 da una scissione del Partito d’Azione Democratica (Stranka demokratske akcije, [Sda]), ha sei seggi nell’Assemblea cantonale di Sarajevo, ha espresso le sue riserve per bocca di Ibrahim Kerla.
In un comunicato il componente del direttivo di Narod i Pravda ha affermato: «Siamo per lo stato di diritto, la tolleranza e la coesistenza di tutte le differenze. Ma siamo contrari all’organizzazione di manifestazioni che non miglioreranno, ma potrebbero, al contrario, peggiorare la situazione generale della sicurezza a Sarajevo e altrove.
Riconoscendo il diritto di ogni individuo alla libertà in tutti i sensi, esortiamo gli organizzatori del Pride a tenere in conto del fatto che la stragrande maggioranza dei cittadini di Sarajevo si oppone alla marcia in quanto contraria ai lori valori tradizionali e sentimenti religiosi. Chiediamo agli organizzatori della sfilata di tenere anche in conto anche del fatto che la libertà di un singolo non può conculcare la libertà e i diritti di un altro».
Ma Edin Forto, primo ministro del Cantone ed esponente dei social-liberali del Nostro Partito (Naša Stranka), ha subito chiarito in una nota che la parata è stata autorizzata dal Ministero dell’Interno ed è compito delle autorità garantirne lo svolgimento «in modo dignitoso e tranquillo. Come primo ministro del Cantone farò di tutto per far sì che tutti i cittadini abbiano pari trattamento, libertà di riunione e protezione della polizia».
E ben 1250 agenti dovrebbero essere mobilitati durante la marcia dell’orgoglio Lgbti, che sarà la prima a Sarajevo e vedrà la partecipazione tra le 500 e le 1.000 persone, compresi ambasciatori di diversi Paesi ed europarlamentari.
Un segno tangibile di sostegno alla collettività Lgbti della Repubblica federale di Bosnia ed Ezegovina, dove il clima è certamente migliorato rispetto al 2008 e 2014 quando fondamentalisti islamici e nazionalisti di destra aggredirono le persone partecipanti a un festival arcobaleno nella capitale.
Ma anche una chiara risposta alla levata di scudi registratasi nei riguardi del Pride sin dal 1° aprile, giorno dell’annuncio della manifestazione. Lo Sda, principale partito del Paese, era infatti immediatamente intervenuto invitando gli organizzatori e le autorità cantonali a «rinunciare» all’evento. Samra Ćosović-Hajdarević, parlamentare di Sda all’Assemblea del Cantone di Sarajevo, aveva espresso su Facebook l’auspicio «che tali persone fossero isolate e messe il più lontano possibile dai nostri figli e dalla nostra società», essendo fine del Pride «distruggere il Paese e il suo popolo».
Il messaggio fu poi rimosso ma le sue parole furono aspramente criticate, il 4 aprile, da Dunja Mijatović, commissaria per i Diritti umani del Consiglio d’Europa, che si disse «sconcertata dalle reazioni negative» al Pride. «In qualità di Stato membro del consiglio d’Europa – così in una nota la commissaria, fra l’altro nativa di Sarajevo – la Bosnia-Erzegovina deve garantire a ogni cittadino l’esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali, compresa quella di riunione, senza discriminazione alcuna», ricordando alle autorità locali che «le persone Lgbti sono parte integrante di tutte le società».
Le reazioni negative hanno, al contempo, spinto molte personalità del mondo dell’arte, della cultura, della letteratura, dello spettacolo a mobilitarsi pubblicamente per il Pride di Sarajevo. Tra le ultime anche la regista e produttrice transgender Lana Wachowski, ideatrice, con la sorella Lilly, di Matrix e Sense8, che ha realizzato un video a sostegno.
Come noto, Sarajevo è una città in cui oltre l‘80% dei 340.000 abitanti sono bosgnacchi, ossia bosniaci di fede islamica. Il Cantone di Sarajevo è guidato dalle elezioni di ottobre 2018 da un governo composto da partiti ideologicamente diversi, dopo anni di governo dei conservatori dello Sda. I bosgnacchi rappresentano il 50,11% degli oltre 3,5 milioni di abitanti della Bosnia-Erzegovina. Quasi un terzo (30,78%) della popolazione sono serbi (ortodossi) e il 14,6 % croati (cattolici) con la restante parte costituita da altre minoranze.