Sabato 21 settembre si è chiusa la stagione estiva di Muccassassina presso il Village Roma in viale dell’Agricoltura.
Ma qualche ora prima dell’inizio della serata lo staff ha trovato la recinzione imbrattata di simboli nazi-fascisti: svastische, croce celtica e l’acronimo LS. Ipotetica firma del raid, che sarebbe dunque da attribuire a Lotta Studentesca, struttura giovanile di Forza Nuova.
Immediata la condanna del Circolo di Cultura omosessuale Mario Mieli, che in una nota su Facebook ha scritto: «Da 30 anni Muccassassina rappresenta uno spazio di cultura e socialità per la comunità Lgbt+ italiana. Le minacce e gli attacchi che puntualmente gruppi neo fascisti ci rivolgono non ci hanno mai intimidito né cominceranno a farlo adesso. Muccassassina non si ferma. Continueremo a ballare, a divertirci e a sostenere la comunità Lgbt+ come facciamo dal 1990».
Su quanto avvenuto in viale dell’Agricoltura così si è espresso Paolo Berizzi, giornalista de La Repubblica sotto scorta a seguito delle minacce per il libro-inchiesta NazItalia – Viaggio in un Paese che si è riscoperto fascista, che, contattato da Gaynews, ha dichiarato: «Imbrattano perché hanno menti imbrattate. Usano il nero perché è il colore dell odio, l’unica parola che conoscono. I fascisti sono poveri sfigati codardi che hanno sempre bisogno di un nemico per giustificare la loro esistenza.
Conosco bene quei simboli, me li dedicano da anni insieme a insulti, minacce e promesse di morte. Me li sono trovati anche sui muri e il portone di casa. Fanno così perché hanno paura. Di sparire di nuovo. E allora attaccano. Ma ogni loro attacco ci rende più forti. I vostri balli e la vostra musica li seppelliranno».
Ripetutamente vittima di attacchi pubblici da parte di realtà appartenenti alla galassia nazi-fascista italiana, Berizzi è stato al centro di uno striscione offensivo apparso proprio a Roma venerdì scorso.
«Dal 1972 – così la scritta apparsa in piazza Mancini – ultras per passione non per professione. Berizzi studia povero coglione!». Al di sotto la firma Fedayn, ossia lo storico gruppo ultrà giallorosso, che, però, come noto, nasce come “di sinistra” al Quadraro. Ma, in ogni caso, i Fedayn hanno nella matrice estremamente violenta il punto di comunanza con altre sigle ultras della Roma ma “di destra”.
Alla base dello striscione di piazza Mancini l’articolo di Berizzi I Signori della Curva spa tra manganelli e Cosa nostra che, apparso su La Repubblica il 17 settembre, tratteggia «il filo nero e criminale che unisce i gruppi organizzati».
E proprio il 20 così il giornalista ha replicato ironicamente via Twitter agli insulti: «In risposta alla mia inchiesta ultrà, ecco il buongiorno da Roma dei Fedayn, il gruppo più violento della curva sud. Arresti, spaccio, rapine. Il capo, Diaferio detto “Macario”, pluridaspato, amico di #Diabolik, nel ’91 ha accoltellato un carabiniere a Verona. Ma è solo passione!».
In risposta alla mia inchiesta ultrà, ecco il buongiorno da Roma dei Fedayn, il gruppo più violento della curva sud. Arresti, spaccio, rapine. Il capo, Diaferio detto “Macario”, pluridaspato, amico di #Diabolik, nel ’91 ha accoltellato un carabiniere a Verona. Ma è solo passione! pic.twitter.com/QJBkfgEM6A
— Paolo Berizzi (@PBerizzi) September 20, 2019