Oltre a Torino anche Varese e Brescia hanno avuto il proprio Pride nel pomeriggio d’ieri. Nella città nota come la Leonessa d’Italia sono stati in migliaia a sfilare. Presenti, fra gli altri, anche l’attivista Kasha Nabagesera, il comico Daniele Gattano e Vladimir Luxuria.
Il Brescia Pride aveva ottenuto il patrocinio di 21 amministrazioni comunali ma non quello del capoluogo e dell’ente Provincia, rispettivamente retti dai due dem Emilio Del Bono e Pierluigi Mattinelli. Alla luce di ciò non destano poi tanta meraviglia le scontate dichiarazioni rilasciate dall’ex missina (attualmente Fdi-An) desenzanese Viviana Beccalossi, assessora regionale al Territorio, Urbanistica e Difesa del suolo della Lombardia, in nome d’una prioritaria attenzione alle famiglie: «Nel giorno del Gay Pride – ha affermato – preferisco ricordare tutte le azioni messe in campo per sostenere migliaia di uomini, donne e bambini in situazioni economiche gravi, grazie al programma che Fratelli d’Italia sostiene convintamente e con forza. I numeri non mentono. L’anno scorso in provincia di Brescia, grazie al bonus famiglia, sono state finanziate 1520 domande che hanno permesso di erogare 1800 euro a ogni neo-mamma. 1134 bambini hanno potuto frequentare gratuitamente gli asili nido e 450mila euro sono stati destinati a favore dei genitori separati o divorziati per abbattere le spese di affitto e facilitare il reperimento di nuovi alloggi».
Dati, questi, che Viviana Beccalossi ha riportato proprio in correlazione al concetto unicistico di famiglia eteronormata. «Se si parla di famiglia – così l’assessora – per me la stessa è il risultato dell’unione tra un uomo e una donna e a maggior ragione, se l’argomento si sposta sul tema delle adozioni, confermo la mia convinzione che ogni bambino dovrebbe avere il diritto di essere cresciuto da un padre e da una madre. I riferimenti al “genitore A” o al “genitore B” continuo a trovarli un non senso. Il politically correct non mi ha mai appassionato. Detto questo, ognuno è certamente libero di vivere la vita e gli affetti come meglio crede, se questo non reca danno ad altri. Ma è altrettanto legittimo che chi amministra abbia a cuore chi, magari in mezzo a mille difficoltà, lotta ogni giorno per assicurare una vita dignitosa ai propri figli».
Non si è avuta, invece, nessuna pubblica manifestazione soddisfattoria, come già successo a Reggio Emilia e a Pavia, benché sui social non siano mancati gli appelli a preghiere riparatrici «per il sacrilegio in atto oggi nella cattolica Brescia». Invito che ha avuto, al contrario, la sua concretizzazione a Varese, il cui Pride è giunto quest’anno alla seconda edizione e ha visto sfilare, fra gli altri, quattro assessori della giunta Galimberti, il viceconsole statunitense Rami Shakra e l’attivista Stuart Milk, nipote del celebre Harvey. Precedentemente fissata sul sagrato della basilica di San Vittore per «riparare pubblicamente l’osceno corteo che avrà luogo lì vicino in contemporanea», la recita pubblica del rosario è stata poi spostata dagli organizzatori nella prima cappella del Sacro Monte di Varese.
Al di là di valutazioni d’ordine teologico sulla validità o meno del concetto di preghiere riparatrici (la cui fortuna è sussegguente alle apparizioni cordicolari di Paray-Le-Monial [XVII secolo] ed è segnata dagli interventi pontifici da Pio IX in poi per subire un ampio ridimensionamento a partire dal dopoconcilio) verrebbe da chiedere ai promotori perché, stante l’assioma che “un pubblico peccato richiede una pubblica riparazione”, non organizzino mai processioni o recite di rosari per riparare gli scandali della violenza sulle donne, dell’abuso sui minori, dello sfruttamento dei lavoratori, dell’evasione fiscale o della corruzione sistemica, giusto per fare qualche esempio. Domande, di cui si fa presto a non sorprendersi considerando il milieu di provenienza di tali manifestazioni. Quello, cioè, del cattolicesimo ultraconservatore della Fraternità di San Pio X (sbrigativamente conosciuti come lefebvriani) e dei raggruppamenti a esso contigui, non a caso apparentati o sostenuti da movimenti culturali e politici di estrema destra.
L’appello varesino, ad esempio, rilanciato da giornali e siti ultraconservatori come Riscossa cristiana – che, fra l’altro, argomentava: «Sarebbe interessante sapere dove le varie organizzazioni, che inquadrano militarmente gli omosessuali, impedendo loro di curarsi e convincendoli della loro assoluta “normalità”, trovino i quattrini per queste penose manifestazioni» – e Una Vox, è stato sostenuto ancha dalla pagina fb dei fan di Gianfranco Amato, su cui sono state postate foto e video del «Rosario pubblico in riparazione al corteo sodomitico e alle offese arrecate alla religione dal gay pride».
Ora, l’avvocato Amato, che alla vigilia del Piemonte Pride era a Giaveno (To) in coppia fissa con Povia per un’ulteriore tappa del tour conferenzistico-concertistico Invertiamo la rotta – Contro la dittatura del pensiero unico!, sarà questa sera a Correggio, in provincia di Reggio Emilia, per festeggiare il 40° anniversario del Circolo Pier Giorgio Frassati. Con lui altre figure delle galassie reazionarie (da Sermarini a Bertocchi) ma, soprattutto, il vescovo ciellino di Reggio Emilia-Guastalla Massimo Camisasca, che presiderà la messa conclusiva. Quel Camisasca, cioè, che sotto gli attacchi dei social e dei media non aveva esitato il 27 maggio a sconfessare una sua partecipazione alla processione riparatrice di Reggio Emilia in concomitanza del REmilia Pride. Ma si sa, Paris vaut bien une messe.