Sono stati rilasciati nella giornata d’ieri le 44 persone tratte in state di fermo dalla polizia turca durante il Pride di Istanbul del 24 giugno. Pride represso con proiettili di gomma e lacrimogeni dai circa 2000 agenti delle forze di sicurezza per impedire l’accesso in piazza Taksim da Istiqlal.
Di queste 25 sono attivisti, come annunciato su Twitter dall’associazione Lgbti Kaos Gl, da sempre in prima linea contro la violenza e le discriminazioni. Tra le persone rilasciate c’è anche il fotoreporter olandese Bram Janssen, il quale sulla sua pagina Facebook ha assicurato di stare bene. 19, invece, appartengono a gruppi ultranazionalisti, le cui eventuali reazioni erano state addotte dal governatore della metropoli sul Bosforo per vietare il Pride. Il divieto era stato anche correlato a una presunta richiesta d’annullamento da parte degli organizzatori della marcia dell’orgoglio Lgbti. Cosa che, però, è state decisamente negata dagli stessi.
È il terzo anno consecutivo che le autorità turche impediscono la marcia dell’orgoglio Lgbti. Divieto che aveva spinto il comitato organizzatore a lanciare, alla vigilia del Pride, un appello a non avere paura e a manifestare: «Se sei spaventato, ti cambierai e ti abituerai. Invece dobbiamo mostrare che siamo qui per lottare in nome del nostro orgoglio». Ma anche un appello a scendere in piazza per onorare la memoria di Hande Kader, la donna transgender di 22 anni brutalmente uccisa lo scorso agosto.
Durissima la condanna del Consiglio d’Europa. «Anche se una manifestazione può disturbare o offendere persone che si oppongono alle idee o alle affermazioni che cerca di promuovere – ha dichiarato il commissario per i Diritti Umani Nils Muiznieks -, ciò non può essere una base ammissibile per vietare un raduno pacifico».
Non sono mancate le reazioni anche in Italia. Ospite dell’ultima puntata della trasmissione radiofonica L’Altra Frequenza, condotta da Claudio Finelli, la senatrice Monica Cirinnà ha ieri invitato a boicottare i prodotti e il turismo turco. Non meno dura la condanna del giornalista Antonello Dose che, parlando della preoccupante stretta autoritaria di Erdogan e del preoccupante clima omofobico in Turchia, ha concluso con una battuta amaramente ironica: «Se il sesso è sporco, lavatelo».
Assordante, invece, il silenzio di Ferzan Ozpetek, che da anni vive in Italia e si è guadagnato l’apprezzamento della collettività Lgbti per i suoi film. Atteggiamento, però, in linea col pensiero dello stesso del regista turco, le cui riserve nei riguardi della valità dei Pride sono ben note. Silenzio mantenuto anche dalla cerchia ozpetekiana degli attori turchi a iniziare da Serra Yilmaz e Mehmet Günsür.