Un’estate rovente quella del 2017 e non solo per le temperarature canicolari. Mai come quest’anno, infatti, si stanno registrando episodi d’omotransfobia in località turistiche. E così, dopo l’allontanamento di Massimina e Sandra, due donne transgender, da una trattoria del litorale di di Latina, l’ultimo caso si è verificato nella giornata di ferragosto.
Questa volta però in una delle maggiori mete gay-friendly italiane quale Gallipoli e, addirittura, in un punto centrale della movida rainbow estiva della città salentina: il G Beach. Una struttura balneare situata in quell’incantevole Parco naturale di Punta della Suina in cui, non a caso, Ferzan Ozpetek ha ambientato l’unica scena di mare di Mine Vaganti.
A riportare l’accaduto Daniele Sorrentino, amministratore della pagina fb In piazza per il family gay, che ha raccolto la testimonianza di Ivan Valcerca. Il docente romano era ieri presso il noto stabilimento con amici, una coppia dei quali (Luca e Marco) si stava baciando quando un cameriere si è avvicinato invitando gentilmente a evitare effusioni in pubblico. Alla richiesta di spiegazioni sono giunte le scuse del proprietario, porte con una bottiglia di spumante e una motivazione a dir poco singolare. Il calo progressivo, cioè, di clienti facoltosi per la segnalazione del G Beach sulle guide rivolte a persone Lgbti.
Ma in realtà lo stabilimento gallipolitano avrebbe da tempo imboccato un percorso di “riconversione” come raccontato da Alex Mari sempre sulla pagina In piazza per il family gay.
«Sono stato a Gallipoli – così Alex – il mese scorso e ho alloggiato in un B&B gay-friendly. La proprietaria mi ha raccontato che hanno proposto a molte strutture balneari e della movida di fare convenzioni per i clienti del B&B. Il G Beach ha inizialmente accettato inviando subito il listino delle convenzioni. Dopo una mezz’ora la chiama il proprietario dicendo che avevano visto sul sito del B&B che era dichiaratamente gay-friendly e quindi non avrebbero fatto la convenzione perché non si vogliono legare ad alcun tipo di categoria specifica. Lei sconvolta. I fatti sono questi: lo stabilimento fino a tre anni fa si chiamava Makò Beach ed era uno stabilimento gay, con le bandiere rainbow, il personale gay e la clientela gay.
Poi hanno venduto a questo signore di Milano che si chiama “Gabon”, uno storico organizzatore di grandi eventi dance degli anni ’90 e negli ultimi anni gestore di alcuni luoghi vip/chic della movida milanese. Gabon ha scelto di “rilanciare” un posto già lanciato per trasformarlo in un ambiente chic, elegante, esclusivo, per clienti benestanti. Una cosa molto figa, ma sicuramente lontana dal concetto di “spiaggia gay”. Quindi prezzi più alti della media, bianco come colore dominante, dipendenti quasi tutte donne giovani bellissime zinnone che sembra un set di baywatch.. La g di G Beach non sta per “Gay Beach” ma significa “Gabon Beach”. Ovviamente non può dire apertamente che i gay non ce li vuole, finirebbe nella bufera. Ma daje oggi, daje domani, sono tre anni che gli omosessuali vengono umiliati in ogni modo in quel posto ma continuano ad andarci in virtù dei tempi che furono quando era gestito da un imprenditore che aveva scelto il turismo Lgbti».
Ivan Valcerca, intanto, ha già denunciato l’accaduto al governatore della Puglia Michele Emiliano, della cui corrente dem è anche componente. La vicenda, in ogni caso, assume un particolare rilievo a pochi giorni dal Salento Pride, che si terrà sabato 19 agosto proprio a Gallipoli.