Un vero e proprio plebiscito consultivo quello che è stato avviato in Australia, martedì 12 settembre, sulla legalizzazione o meno del matrimonio tra persone dello stesso sesso. I risultati, previsti per novembre e calcolati sulla base delle preferenze pervenute via posta, non saranno vincolanti. Ma l’eventuale vittoria del sì porterebbe automaticamente al voto parlamentare secondo la promessa del primo ministro Malcolm Turnbull.
Cosa, questa, che il fronte avverso al same-sex marriage, a partire dalla chiesa cattolica e dalle comunità cristiane riformate, vuole assolutamente scongiurare. E lo sta facendo con condanne reiterate della legalizzazione delle nozze delle persone omosessuali in nome d’una presunta violazione della libertà di religione.
Non meraviglia perciò se il pastore Seven North della comunità presbiteriana di Ebenezer St. John a Ballarat – che, per capirsi, è la stessa città in cui è stato parroco il card. George Pell, accusato d’abusi su minori compiuti negli anni ’70 del secolo scorso – abbia cancellato il previsto rito di benedizione nuziale d’una coppia, dopo che la futura sposa aveva pubblicato sul proprio profilo Fb un post in favore dell’approvazione del same-sex marriage.
In una lettera indirizzata alla giovane e al suo futuro marito il pastore ha dichiarato: «Potete certamente comprendere che il vostro impegno in favore delle unioni tra persone dello stesso sesso è contrario agli insegnamenti di Gesù Cristo oltre che alla posizione biblica della Chiesa presbiteriana di Australia e alla mia. Questa divergenza di vedute assume delle conseguenze pratiche per quanto riguarda il vostro futuro matrimonio. Celebrandolo, sembrerebbe che io sostenga le vostre opinioni sul matrimonio tra persone dello stesso stesso o che non mi importi di questa questione».
Sui social si sono susseguiti post in favore della coppia e parole d’attacco nei riguardi di North. Ma nel merito della decisione si è espresso anche il premier Turnbull che, nel difendere la presa d’atto del pastore, ha ricordato come le singole chiese siano «libere di sposare chi vogliono» e abbiano il «il diritto di sposare o non sposare chi vogliono. Fa parte della libertà religiosa. La mia stessa chiesa, la chiesa cattolica, si rifiuta di unire quelli che già sono stati sposati una volta».
Parole convinte, ma anche volte a smorzare i toni, quelle di Turnbull, promotore del sondaggio per la legalizzazione e personalmente favorevole al riconoscimento delle nozze tra persone dello stesso sesso.