Guillem Clua è una delle voci più interessanti e versatili della drammaturgia contemporanea spagnola. Noto per la multidisciplinarietà della sua scrittura teatrale, in cui la fiction s’intreccia con storie d’attualità, ha il dono di coinvolgere da vicino lo spettatore attraverso l’ideazione di plot originali. Plot, che perlustrano, ora in maniera drammatica ora in maniera dissacrante, le dinamiche relazionali dei nostri giorni. Al riguardo è celebre è il caso di Smiley, che ha recentemente debuttato a Napoli nella messinscena di Rosario Sparno e che indaga le relazioni tra omosessuali ai tempi delle app per incontri.
Clua ha dedicato una pièce dal titolo La Rondine alla strage di Orlando, cioè alla sparatoria avvenuta nella notta tra 11 e 12 giugno 2016 all’interno del nightclub Pulse, a seguito della quale morirono 49 persone. L’attentatore Omar Mateen sarebbe stato ucciso alcune ore dopo dalle forze di polizia.
La strage di Orlando resta certamente una delle peggiori sparatorie di massa nella storia recente degli Usa. Di esso resta ancora non chiaro il movente. Secondo alcune ricostruzioni si tratterebbe di un attentato non di matrice jiadistica ma ricollegabile all’omofobia interiorizzata dell’attentatore che, stando alle testimonianze, aveva avuto relazioni omosessuali e frequentava saltuariamente il Pulse.
Il Teatro Stabile di Catania, all’interno di una rassegna attenta alla nuova drammaturgia internazionale, ha voluto mettere in scena, per la prima volta in Italia, quest’opera. Protagonisti della storia saranno Lucia Sardo, indimenticabile interprete di Felicia Impastato nel film I cento passi, e l’intenso Luigi Tabita, diretti dal regista Francesco Randazzo.
Lo spettacolo debutterà il 26 aprile a Catania e sarà in tournée, in tutta Italia, nella stagione 2018/19. Intanto, però, martedì 13 marzo, al Teatro Argentina di Roma (Sala Squarzina), all’interno della XII° Rassegna internazionale di drammaturgia contemporanea In Altre Parole, curata da Pino Tierno e Simone Trecca, il progetto drammaturgico sarà presentato in forma di reading.
«È un testo emozionante ed inquietante dal sapore almodovariano – ha dichiarato per Gaynews Luigi Tabita –. Non a caso il maestro vorrebbe farci un film. Ha una struttura fluida che muta continuamente con colpi di scena.
Un testo che parla di amore e di odio, dell’incapacità di dire: Ti voglio bene e di accettare l’altro con le sue differenze. Oggi più che mai si preferisce semplificare, etichettando le persone, i rapporti , così da tenere lontano e gestibile ciò che ci fa paura. Ma è un modo per difenderci al fine d’evitare di porci delle domande che potrebbero generare una crisi. Ed è quello che accadrà ai due protagonisti Marta (Lucia) e Matteo (io)».