Niccolò Pietro è nato a Torino il 13 aprile presso l’ospedale ostetrico-ginecologico Sant’Anna. Una gioia indescrivibile per Chiara Foglietta, consigliera comunale dem, e per la sua compagna Micaela Ghisleni.
Gioia purtroppo turbata dalla secco rifiuto che l’Ufficio Anagrafe (tanto quello presente presso la struttura ospedaliera quanto quello centrale del capoluogo sabaudo) ha opposto il 16 aprile alle due donne in merito al riconoscimento del neonato quale figlio d’entrambe.
Come se non bastasse, è stata ritenuta irricevibile la dichiarazione di Chiara sul concepimento di Niccolò Pietro a seguito di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo con gamete maschile di donatore anonimo come peraltro indicato in tutta la cartella clinica.
«Oggi a noi – ha dichiarato la consigliera comunale – viene negato il diritto di inserire dichiarazioni veritiere nell’atto di riconoscimento e a nostro figlio il diritto a un’identità corrispondente alla realtà, il diritto a conoscere l’insieme di eventi che hanno determinato la sua esistenza».
Soliderità piena a Chiara e a Micaela è stata subito espressa dal Coordinamento Torino Pride, che in una nota ha affermato: «Oggi più che mai è necessario che la politica si assuma la responsabilità di gesti importanti soprattutto che non costano nulla e che non incidono in nessun modo sui bilanci o sui conti martoriati ma che invece possono risolvere problemi che rendano una Famiglia, come quella di Chiara e Micaela o di Piero e Francesco, più sicura e felice.
Chiediamo quindi alla sindaca, Chiara Appendino, di agire con forza, energia e in coscienza per risolvere questi problemi confermando con i fatti che un Assessorato alle Famiglie è e resta un punto fermo della sua amministrazione e che, dove esiste un vuoto normativo, il coraggio, la tenacia e l’amore lo possono riempire».
Sull’incresciosa vicenda Gaynews ha chiesto il parere all’avvocato Alexander Schuster, che sta seguendo legalmente Chiara e Micaela.
Avvocato Schuster, per l’Ufficio Anagrafe di Torino Niccolò Pietro non può essere registrato come figlio di Chiara e di Micaela: perché?
Gli ufficiali di Stato civile (come peraltro anche alcuni giudici) tendono a seguire di più circolari e regolamenti che principi contenuti nella Costituzione, nelle convenzioni internazionali, ma anche nella stessa legge n. 40/2004 sulla p.m.a. E poiché nessuna norma prevede il riconoscimento di due madri (ma nessuna espressamente lo vieta), si sostiene che solo la partoriente può divenire genitore e poco importa che il bambino avrà solo uno e non due genitori. Ma anche gli ufficiali di Stato civile devono rispettare la Costituzione e realizzare i suoi importanti obiettivi.
La Corte costituzionale ha detto in più occasioni che il bambino deve essere tutelato rispetto all’adulto, a tutti gli adulti che hanno deciso di farlo nascere. Micaela non vuole sottrarsi a questa sua responsabilità, ma il Comune per ora glielo impedisce.
L’Ufficio Anagrafe ignora volutamente che Niccolò Pietro è stato generato mediante pma e lo registra come “nato da un’unione naturale con un uomo”. Come giudica tale situazione?
È assolutamente una situazione ridicola e imbarazzante per un “ordinamento” giuridico. Questo profilo della vicenda testimonia di un disordine più che di un ordine. Da una parte abbiamo diversi reati nel codice penale per chi fa false dichiarazione negli atti dello stato civile. Dall’altra, si chiede a Chiara Foglietta di dichiarare che il bambino è nato da un rapporto sessuale quando non solo è dichiarata una realtà diversa, ma questa è pure documentata.
Ad oggi sono riuscito a convincere solo un Comune toscano ad adeguare la formula con cui scrivere l’atto di nascita alla realtà e a riconoscere che c’è stata una fecondazione assistita con donatore. È la causa del Tribunale di Pisa che recentemente è giunta in Corte costituzionale. Un risultato importante che oggi è diventato pubblico, ma che è l’esito di mesi di lavoro e frutto della fortuna di avere dall’altra parte un funzionario che è fra gli esperti nazionali in materia di stato civile.
Esiste in tale materia una giurisprudenza di legittimità cui adeguarsi?
Attenzione, qui non stiamo parlando di trascrizione, cioè di riconoscere un atto di nascita straniero che già esiste. Qui il bambino è nato in Italia e quindi non c’è ancora nessun atto di nascita. D’altra parte, non è nemmeno concepibile che una donna al nono mese si metta in macchina alla volta della Spagna per ottenere un certificato con due madri da riportare in Italia (e la giurisprudenza è unanime sul fatto che vada integralmente riconosciuto). Un tale risultato deve essere possibile, proprio per i principi richiamati dai giudici italiani, sin dall’inizio, se il bambino nasce in Italia.
Quale responsabilità grava a suo parere sul legislatore in riferimento alla mancanza di tutela piena dei minori nati in coppie omogenitoriali o da single attraverso pma?
Il Ministero dovrebbe innanzitutto adeguare le formule. Un bambino su venti nasce in Italia da tecniche di riproduzione assistita, però per lo Stato civile italiano tutti sono nati da un rapporto sessuale. Questo è un problema di verità che riguarda tanto coppie etero- quanto omosessuali. Poi c’è il problema specifico delle coppie arcobaleno. Il Legislatore ha preferito lasciare che la materia venisse regolata dai giudici. Chissà, forse è meglio, certo è un percorso più laborioso e lungo.
Comunque a Torino si sta iniziando ad affrontare la questione e speriamo che la sindaca Appendino e l’assessore Pisano diano un segnale importante a tutela del piccolo Niccolò Pietro e delle sue mamme. Noi siamo pronti a difendere davanti ai giudici il passo avanti che stiamo chiedendo ai vertici politici. Da qualche parte occorre pur cominciare.