Una lettera con insulti omofobi e minacce di morte. Il tutto corredato d’una foto di due uomini con cappio al collo pronti per essere impiccati. Questa la missiva che, indirizzata al noto massmediologo Klaus Davi (opinionista del programma tv L’Arena condotto da Massimo Giletti su La7) e recapitata nella sede della sua agenzia milanese, viene pubblicata in esclusiva da Gaynews.
Il giornalista è da tempo bersaglio di lettere minatorie e aggressioni fisiche. Episodi sui quali pendono inchieste della Dda di Reggio Calabria e della Procura di Vibo Valentia. Recante il timbro di Lamezia Terme, l’ultima lettera è stata recapitata al suo staff nei giorni scorsi. Tra i vari insulti, anche, Hai rotto il cazzo brutto pezzo di merda frocio.
È noto come tra i temi più volte affrontati da Davi ci sia anche la spinosissima questione dell’omosessualità nella ‘ndrangheta. A questo proposito il massmediologo si è battuto per fare intitolare a Gioia Tauro una via a Ferdinando Caristena, ucciso nei primi anni ’90 del secolo scorso per aver avuto una lunga relazione con l’esponente di una famiglia ndranghitista e per aver tentato di sposarne la sorella. L’inaugurazione è avvenuta il 5 novembre a Gioia Tauro alla presenza dell’attuale procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, che ha pubblicamente ringraziato il giornalista.
Davi ha anche pubblicato un’intervista a un ragazzo gay che ha rivelato di essersi prostituito nel quartiere di Archi a Reggio Calabria, regno dei boss.
Minacce di morte e insulti omofobi sono all’ordine del giorno. Molti commenti si possono leggere tranquillamente sulle bacheche dei filmati di Davi e non lasciano adito a dubbi: uno vero e proprio stillicidio di insulti, ingiurie, attacchi omofobi e minacce alla sua incolumità. Interpellato, il giornalista preferisce non commentare: “Sono all’ordine del giorno per chi fa questo lavoro. Sarò presto a Rosarno e nella Locride per continuare le mie inchieste.”
Proprio in questi giorni sta per iniziare un processo a Vibo Valentia per le percosse subite da Davi ad opera di esponenti d’un clan locale dopo che aveva tentato di intervistare la mamma di un pentito.