Termini come favoloso/a e favolosità sono la chiave di lettura non solo dell’ultimo libro di Porpora Marcasciano L’aurora delle trans cattive ma anche della vita di colei che è una delle figure di spicco del movimento transgender e transfemminista italiano. Termini che, per imitazione dell’inglese fabulous e fantabulous, appartengono da decenni al gergo Lgbti e, come tali, sono stati risemantizzati con una finalità non solo autoironica ma anche reattiva a un lessico perdurantemente dannatorio verso soggetti considerati extra normam.
Quando si ignora ciò, e ancor più all’interno della stessa collettività arcobaleno, il risultato è quello di cui ha dato prova la presidente di ArciLesbica nazionale Cristina Gramolini col suo articolo Cis, terf, favolosa e altre parole inappropriate comparso sul sito della Libreria delle donne.
Esistente a Milano dal 1975 e ubicata inizialmente in Via Dogana 2, essa è aperta attualmente in Via Pietro Calvi, 29 (a ridosso di Piazza Cinque Giornate). Si tratta – come si definiscono le stesse componenti – non solo di una «realtà politica e in movimento» ma anche di una «impresa femminista che non rivendica la parità, ma, al contrario, dice che la differenza delle donne c’è e noi la teniamo in gran conto, la coltiviamo con la pratica di relazione e con l’attenzione alla poesia, alla letteratura, alla filosofia».
In realtà la «differenza delle donne» tenuta in sì gran conto e difesa è ultimamente quella marcata e racchiusa nell’ambito di una visione biologistica della maternità e della femminilità. Il che si concreta nel conseguente duplice rifiuto della gestazione per altre/altri (come ricordato alcuni giorni fa anche da L’Avvenire che, nell’introdurre un’intervista a Luisa Muraro, ha presentato come «recente battaglia culturale del movimento femminista milanese (o perlomeno di quello “storico”) quella contro l’utero in affitto in nome della dignità della donna e della madre» – e del riconoscimento quali donne delle persone trans Mtf che non si sono sottoposte a intervento chirurgico. Come se l’essere e il sentirsi donna o uomo fosse questione di genitali e non primieramente d’identità di genere cui ci si sente di appartenere.
Motivo, soprattutto l’ultimo, che si ritrova nella critica di Gramolini a Porpora Marcasciano «principale ideologa transessuale italiana» con un totale travisamento, come accennato, del lemma “favolosità” non senza valutazioni moraleggianti ma non meno fumose come quando afferma: «Molto più cis-gender mi appaiono certe mtf che, giunte al genere di elezione, ne ricalcano gli schemi, tutte prese dagli accessori per signora e dai selfie continui».
Cosa che ha suscitato una reazione sui social di persone Lgbti e non che hanno postato i loro selfie con tanto di scritta Sono favolosa, lanciando gli hastag #IoSonoFavolosa o #IoStoConPorpora.
Contattata telefonicamente, Porpora Marcasciano ha dichirato a Gaynews: «Da almeno 15 anni la leader di ArciLesbica nutre odio e rancore verso l’universo mondo. Una volta era contro il mondo antagonista reo di rompere l’unità del movimento. Poi con il mondo lesbico non somigliante a loro. Poi man mano contro singole e singoli. Peccato che l’unico effetto che abbi avuto è la rottura interna ala sua associazione.
Se penso poi alle denunce, di cui è stata complice e ispiratrice, mi viene da dire che ci separano non uno ma due oceani. Abbiamo bisogno di altro e non di acredine e rancore».