Nell’aula della sesta sezione penale del tribunale di Torino si è tenuta, nella tarda mattinata, la terza udienza del processo a carico dell’endoscopista Silvana De Mari, accusata di diffamazione continuata e aggravata a mezzo stampa contro le persone Lgbti.
Secondo quanto annunciato il 18 luglio, la giudice Melania Eugenia Cafiero ha ammesso la richiesta di costituzione di parte civile da parte del Coordinamento Torino Pride e di Rete Lenford.
Nel fissare la prossima udienza al 30 ottobre, la giudice monocratica ha invece respinto in toto i consulenti presentati dalla difesa, l’avvocato Mauro Ronco, perché non rilevanti per il procedimento.
Prima d’entrare in aula Silvana De Mari aveva postato su Facebook un breve video, nel quale chiedeva ai suoi fan di sostenerla perché in gioco nel processo a suo carico «c’è la libertà di parola».
Per il Coordinamento Torino Pride, le cui parti sono affidate all’avvocato Niccolò Ferraris, si tratta di una decisione importante, che evita di trasformare un’aula di tribunale in un circo mediatico nel quale rovesciare assurde teorie antiscientifiche che rischierebbero di dileggiare e offendere ulteriormente un’intera comunità.
Al riguardo il coordinatore Alessandro Battaglia ha dichiarato: «Continuiamo a pensare che la giustizia debba fare il suo corso e massima è la nostra fiducia nei suoi confronti».
Viva soddisfazione ha espresso, a nome di Rete Lenford, l’avvocato Michele Potè, che ha dichiarato a Gaynews: «L’ammissione della nostra associazione come parte civile è stata motivata dai fini statutari della stessa rispetto all’imputazione, che ha per oggetto la denigrazione della condizione omosessuale.
Siamo anche soddisfatti perché la giudice ha escluso la richiesta, avanzata dalla difesa dell’imputata, di ascoltare dei consulenti tecnici che avrebbero dovuto parlare dell’omosessualità a livello psichiatrico. Anche perché sono oramai decenni che la comunità scientifica, all’unanimità, considera l’omosessualità una variante naturale del comportamento umano».
A carico della medica d’origine casertana pende anche un procedimento per diffamazione continuata e aggravata a mezzo stampa contro il Circolo di Cultura omosessuale Mario Mieli. Imputazione per la quale è stata rinviata a giudizio il 21 marzo 2019.