Il 12 ottobre 1998 moriva a Fort Collins il 21enne Matthew Shepard. Il 7 ottobre lo studente universitario 21enne era stato rapito da James McKinney e Russell Arthur Henderson, che lo avevano derubato, torturato e legato alla staccionata di un ranch a Laramie (Wyoming) per il solo fatto d’essere omosessuale.
Shepard fu trovato 18 ore dopo, vivo e in stato d’incoscienza, da un ciclista. Ma il trasporto in ospedale non avrebbe salvato il giovane dalla morte, sopraggiunta dopo cinque giorni d’agonia.
Il suo decesso scosse gli Usa ma sollevò anche fiere proteste omofobe. Sia durante i funerali sia durante il processo agli aggressori numerosi manifestanti, guidati dal pastore battista Fred Phelps, protestarono infattii con cartelli recanti le scritte Matt Shepard marcisce all’inferno, L’Aids uccide i finocchi morti e Dio odia i froci.
Ciò spinse i genitori di Matthew a non rivelarne il luogo della sepoltura per evitare che venisse dissacrato.
20 anni dopo da quelle drammatiche giornate i resti dello studente universitario saranno interrati nella capitale statunitense presso la Cattedrale episcopaliana dei SS. Pietro e Paolo, generalmente conosciuta come Cattedrale Nazionale di Washington. La comunità episcopaliana della capitale è da tempo attenta alle questioni Lgbti. Nella cattedrale è stato celebrato il primo matrimonio tra persone dello stesso sesso in città e uno dei suoi pastori è apertamente gay.
«È il posto perfetto – ha dichiarato Dennis Shepard, padre di Matthew -. Siamo sollevati per aver trovato per lui l’ultima dimora: un posto che anche lui avrebbe amato».
La sepoltura avverrà in forma privata il 26 ottobre, cui seguirà una pubblica commemorazione.