«Il Supremo Tribunale Federale può essere stato anche diviso sulle modalità di lotta allla corruzione. Sfortunatamente sono i molti legami storici difficili da disfare. Ma in relazione alla protezione dei diritti fondamentali esso è sempre stato unito».
È quanto affermato ieri da Luís Roberto Barroso, giudice del Stf e vicepresidente dell’Alto Tribunale Elettorale brasiliano, in riferimento a eventuali interventi limitativi dei «“privilegi” di donne, neri, gay, etnie indigene, transgender» dal parte del neopresidente Jair Messias Bolsonaro. Senza dimenticare la libertà d’espressione, in tutela della quale la Corte Suprema aveva sospeso, la scorsa settimana, gli ordini emessi dai giudici dei tribunali elettorali per censurare le manifestazioni universitarie antifasciste e in difesa della democrazia.
L’ex capitano riformato dell’esercito (è il 16° militare arrivato a guidare il paese amazzonico, il terzo ad essere eletto con voto diretto), che al ballottaggio del 28 ottobre ha ottenuto il 55,49% dei voti contro il 44,51% conseguito dal candidato del Partito dei lavoratori (Pt) Fernando Haddad, ha destato e desta infatti non poche preoccupazioni per le numersose dichiarazioni passate contro le persone Lgbti nonché in favore del possesso di armi e del regime dittatoriale con accenti che sono arrivati a sfociare nell’apologia della tortura.
Ma già in vista del ballottaggio Bolsonaro aveva però ribadito la piena adesione ai principi della Costituzione e allo stato di diritto. D’altra parte, secondo i dati diffusi dall’autorevole Istituto di ricerca Datafolha sulla base di sondaggi condotti il 25 e il 26 ottobre, la maggior parte di brasiliane e brasiliani si è dichiarata contraria al possesso delle armi (per il 55% dev’essere proibita) e favorevole all’accettazione dell’omosessualità da parte di tutta la società (ben il 74%).
Nel corso della prima intervista da presidente, concessa a RecordTv (durante la quale ha annunciato la nomina di Hamilton Mourao, generale in congedo, quale vicepresidente per dare al suo governo un profilo “non autoritario, ma autorevole” e la volontà di affidare il ministero della Giustizia al magistrato Sergio Moro, il giudice anti-Lula responsabile per i processi dell’Operação Lava Jato), Bolsonaro è tornato comunque sulla questione del cosidetto “kit gay” nelle scuole brasiliane, introdotto da Fernando Haddad in qualità di ministro dell’Istruzione durante il mandato presidenziale di Lula (2003-2010).
Da parte sua Michelle de Paula Firmo Reinaldo, la nuova first lady del Brasile, ha definito false le accuse di omofobia rivolte al marito. Nel corso della prima intervista televisiva a RecordTv ha infatti dichiarato: «Non è come la gente dice: è un uomo meraviglioso, affettuoso, che adora la famiglia. Non odia i gay, io ho un cugino gay e abbiamo molti amici omosessuali. E non è razzista, anzi, il suo migliore amico è un uomo di colore».