Stabili i nuovi casi, incidenza maggiore delle nuove infezioni tra i 25 e i 29 anni. Si conferma in generale la trasmissione da rapporti eterosessuali come modalità principale, mentre tra maschi si stabilizza quella da MSM. Resta critica la situazione delle diagnosi tardive, con il 73,9% delle nuove diagnosi di Aids in cui la persona scopre di essere sieropositiva pochi mesi prima di passare allo stato conclamato.
Secondo il report annuale dell’Istituto Superiore di Sanità, diffuso pochi giorni prima dalla Giornata Mondiale di lotta contro l’Aids, nel 2017 sono state segnalate 3.443 nuove diagnosi di infezione da Hiv (al netto di eventuali ritardi di notifica). L’incidenza – il numero di casi in rapporto alla popolazione – maggiore di infezione da Hiv è nella fascia di età 25-29 anni.
La maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituiscono l’84,3% di tutte le segnalazioni. Percentuale, questa, che dal 2014 si mantiene tra l’84 e l’85%.
Tra questi, il 45,8% provengono da rapporti eterosessuali, mentre il 38,5% da rapporti Msm (maschi che fanno sesso con maschi): una categoria che è bene ricordare non coincide del tutto con i maschi gay ma include tutti coloro che almeno una volta nella vita hanno avuto un rapporto omosessuale.
Se invece consideriamo solo i maschi, la modalità principali rimane quella dei rapporti Msm con il 38,5% rispetto ai maschi che hanno rapporti eterosessuali con il 25,3% (38,1% e 27,7% nel 2016, 45,7% e 28,9% nel 2015, 49% e 26% nel 2014).
Si conferma la tendenza generale effettuare il test Hiv in situazioni specifiche e non per abitudine: nel 2017, il 32,0% delle persone con una nuova diagnosi di infezione da Hiv aveva eseguito il test per la presenza di sintomi Hiv-correlati il 26,2% in seguito a un comportamento a rischio e il 14,6% in seguito a controlli nei Sert, nelle strutture extrasanitarie e nei penitenziari.
Cooerentmente a questo dato, oltre la metà (55,8%) delle persone che hanno avuto una diagnosi di infezione da Hiv nel 2017 (3443) aveva già il sistema immunitario compromesso (definito come un numero di cellule CD4 inferiore a 350).
Nel 2017 sono stati diagnosticati 690 nuovi casi di Aids pari a un’incidenza di 1,1 nuovi casi per 100.000 residenti. Come noto da diversi anni, la proporzione delle persone con nuova diagnosi di Aids che ignorava la propria sieropositività e ha scoperto di essere Hiv positiva nei pochi mesi precedenti la diagnosi di Aids conclamato è aumentata su scala ventennale, passando dal 20,5% del 1996 al 73,9% del 2017.
Rispetto agli ultimi anni questo dato subisce finalmente una battuta d’arresto rispetto al 76,3 nel 2016, al 74,5% del 2015 e al 71,5% nel 2014). Il fenomeno complessivo delle diagnosi tardive, tuttavia, resta una delle criticità da affrontare nonché una delle principali cause di trasmissione del virus, che non viene trattato efficacemente all’inizio dell’infezione.
Come ha ben spiegato infine la Dott.ssa Barbara Suligoi dell’Istituto Superiore di Sanità, infine, la sfida principale rimane quella di riagganciare il trend europeo di complessiva diminuzione delle nuove diagnosi di HIV, che invece in Italia sono stabili da 4 anni.