Il 17 aprile Nicole García Aguilar, donna transgender honduregna, è tornata finalmente libera dopo sei mei di detenzione presso il reparto maschile del Cibola County Correctional Center nel New Mexico.
Sopravvissuta a stupro, tentato omicidio e abusi da parte della polizia honduregna, Nicole era fuggita dal suo Paese nell’aprile 2018 verso gli Stati Uniti, per esservi arrestata da componenti dell’Agenzia federale per la Sicurezza delle frontiere e dell’immigrazione (Ice).
Nell’ottobre un giudice le aveva riconosciuto il diritto di asilo e lo status di rifugiata. Decisione perà subito impugnata dall’Ice, che, come noto, è un’agenzia dipendente dal Dipartimento della sicurezza interna degli Stati Uniti d’America.
Trasferita presso il Centro di detenzione per migranti della Contea di Cibola, Nicole ha trascorso tre mesi in isolamento e gli altri tre presso un’unità abitativa maschile. Un calvario che, come denunciato dall’American Civil Liberties Union (Aclu), le ha fatto perdere un terzo del suo peso corporeo.
Dopo la chiusura di una struttura specifica per migranti Lgbti nella città di Santa Ana (24 maggio 2017), il Cebola County Center è divenuto luogo di detenzione per migranti transgender senza, però, alcuna considerazione della loro identità di genere. Il 25 maggio 2013 un’altra donna trans honduregna, la 33enne Roxsana Hernández Rodriguez, vi ha perso la vita mentre era sotto custodia dell’Ice. Un’autopsia, condotta nel novembre 2018, ha rivelato come Roxsana fosse stata vittima di violenze e maltrattamenti.
Come noto, l’Honduras, al pari dei confinanti El Salvador e Guatemala, è tra i Paesi coi più alti tassi di omicidio al mondo: su ogni 100mila abitanti 81,2 in El Salvador, 59,8 in Honduras e 27,3 in Guatemala.
Di fronte a tali livelli di violenza (comprendenti anche aggressioni ed estorsioni) e alla costante discriminazione la maggior parte dei richiedenti asilo e dei rifugiati Lgbti negli Usa, incontrati due anni fa da Amnesty International, aveva raccontato di non aver avuto altra scelta che fuggire. L’alto livello d’impunità e la corruzione nei loro Paesi rendono improbabile che gli autori di reati contro le persone Lgbti siano puniti, soprattutto quando a compierli sono stati agenti delle forze dell’ordine.
Secondo la rete lesbica femminista Cattrachas proprio in Honduras, tra il 2009 e il 2019, sono state uccise 307 persone Lgbti. Di esse 98 erano transgender.